Opuscolo Rapido sul diabete (In corso di stampa). Introduzione

Questo opuscolo, pur volutamente divulgativo, è destinato a un pubblico di medici di base, ma anche di diabetologi, allo scopo di illustrare alcune mie idee e proposte relative alla lotta al diabete.

Si dà quindi per scontata la conoscenza delle patologie di cui si parla e dei relativi farmaci.

Anche se faremo cenno al diabete in via del tutto generale, l’argomento di questo opuscolo è il diabete di tipo 2.

Mi chiamo Ferdinando Carotenuto e ho 74 anni; sono stato un medico di famiglia per tutta la mia vita professionale, fino alla pensione. A partire dal 2010 mi sono dedicato allo studio del diabete nelle sue diverse forme, dopo aver potuto constatare, nella mia pratica quotidiana di medico di base, che erano davvero tanti i pazienti affetti da diabete e scompensati, pur essendo regolarmente in cura presso diabetologi dei vari centri e pur essendo poi affidati alle cure e alle prescrizioni dei medici di base.

È noto che la Società Italiana di Diabetologia (SID) sul proprio sito rende disponibili a tutti, medici e non, le sue linee guida con il corredo di una nutrita serie di documenti scientificamente inoppugnabili, affidabili e soprattutto di utilizzo abbastanza pratico da parte soprattutto dei medici di famiglia che hanno in cura pazienti diabetici. Perché dunque percentuali così elevate di pazienti scompensati? Dov’era il problema? Cosa non funzionava nella terapia?

Per capire da dove nascesse il problema, ho cominciato intanto a studiare la fisiologia e la fisiopatologia dell’omeostasi glicemica, assieme all’azione farmacologica dei vari farmaci antidiabetici disponibili in commercio.

Dopo qualche anno di studio ho dunque comprovato che da un lato la malattia, di per sé molto diffusa, è ben conosciuta, è stata analizzata in tutte le sue sfaccettature e sono disponibili manuali che giudicherei più che esaustivi sullo stato delle conoscenze scientifiche specifiche. Dall’altro lato, per quanto riguarda la terapia, sono oramai disponibili molti farmaci piuttosto efficaci e credo che altri verranno messi in commercio in futuro, per cui alla fine direi che i medici dispongono di tutti gli strumenti utili ad affrontare la malattia.

Ma allora perché, a fronte di questo quadro scientifico e di pratica medica nel complesso confortante, i pazienti stentano a trovare una condizione stabile di normalità?

L’idea di fondo cui sono arrivato è che il problema, più che di tipo medico, in realtà è di tipo sanitario, cioè relativo alla organizzazione e alla razionalizzazione dell’azione terapeutica.

In primo luogo la complessità e la varietà di forme della patologia complicano enormemente il trattamento di tali pazienti, escludendo l’applicabilità aprioristica di protocolli standard validi per tutti. Ogni caso, cioè ogni paziente, va studiato e analizzato singolarmente, va individuata la forma patologica di cui soffre e, nell’ambito di questa, delle condizioni specifiche del paziente.

Ma lo studio medico attento di un singolo paziente richiederebbe tempi incompatibili con la normale attività e l’enorme carico dei diabetologi, cioè dell’elevato numero di pazienti che essi devono gestire. In questa modalità oggi vigente, al medico di base viene riservata solo la funzione di replicare la prescrizione del diabetologo, senza intervento specifico. E invece ogni paziente dovrebbe essere attentamente seguito per un certo tempo, proprio per controllare e verificare la sua risposta ai farmaci ed eventualmente modificare la ricetta, affinché torni il più rapidamente possibile a un livello di glicemia accettabile e stabile.

E invece, l’intervento è troppo lento e troppo diradato nel tempo per poter avere la giusta efficacia.
Tipicamente il procedimento terapeutico viene innescato dal medico di base che rileva valori di glicemia inaccettabili e quindi prescrive una visita specialistica presso un diabetologo o un centro specializzato per la diabetologia.
Il diabetologo, dato il suo carico di lavoro, nel migliore dei casi dedicherà meno di mezz’ora al paziente e, analizzando il suo caso, gli prescriverà dei farmaci, gli consiglierà una dieta piuttosto severa e lo rinvierà al medico di base, dandogli appuntamento a distanza di 3 mesi per una visita di controllo o per un eventuale cambio della terapia. In questi 3 mesi, il paziente viene affidato così al medico di base, il quale però si limita a replicare le prescrizioni del diabetologo, senza intervenire in alcun modo.

Del resto, nella maggior parte dei casi il medico di famiglia non può fare altrimenti, dato che solo i diabetologi possono prescrivere 3 farmaci “anti diabetici, mentre un medico di base ha facoltà di prescrivere solo un farmaco “antidiabetico con piano terapeutico” più qualche altro di tipo generico.

Il risultato è che il paziente per ben 3 mesi in pratica resta fuori controllo, a meno di iniziative sue personali o del medico di base, per richiedere p. es. una nuova visita specialistica. E invece, a mio parere, basterebbe controllare strettamente il paziente per alcuni giorni e utilizzando combinazioni di farmaci prescrivibili dal medico di base per riportarlo a livelli accettabili dei parametri glicemici.

Ho potuto notare nella mia prassi che nella cura del diabete non si tenevano presenti i meccanismi e soprattutto i tempi fisiopatologici dell’omeostasi glicemica, per cui era ovvio che in molti casi era difficile normalizzare la glicemia tramite l’applicazione pedissequa delle linee guida della SID.

Ho potuto constatare addirittura che a molti diabetologi sfuggiva la nozione del diabete autoimmune, per cui tutti i casi erano inquadrati come diabete tipo 2, anche se si trattava di soggetti magri, per i quali doveva sorgere il sospetto che fossero pazienti diabetici autoimmuni.

Ho potuto inoltre constatare che nei soggetti con diabete tipo 2 si ricorreva spesso alla terapia con le tre insuline rapide (per i 3 pasti quotidiani) e con l’insulina lenta, mentre invece spesso era possibile utilizzare la sola insulina lenta assieme alla Metformina e riuscire a normalizzare così la glicemia in breve tempo e in modo semplice con vantaggio sia per il medico che per il paziente.

A un certo punto ho intuito, in particolare, che la Metformina ha un’efficacia doppia: funziona da insulino-sensibilizzante, se tampona le cellule alfa per l’insulino-resistenza, mentre invece funge da analogo GLP1, se riesce a intervenire anche sulle cellule alfa fisiologiche per le quali in genere si ricorre all’analogo GLP1.

Di questi argomenti parlerò più estesamente in seguito, ma tale intuizione è di grande valore, dal momento che rende spesso semplice la normalizzazione della glicemia, e permette l’utilizzo di farmaci di costo ben inferiore a quello degli analoghi del GLP1.
Basterebbe “assistere”, cioè tenere sotto stretto controllo il paziente per un numero limitato di giorni cercando di individuare la modalità terapeutica più adatta a lui.
A mio parere, l’intervento farmacologico dovrebbe articolarsi, e in genere è articolato, in due fasi, dato che il diabete di tipo 2 conclamato presenta sempre due sintomi classici: l’insulino-resistenza, cioè l’insufficiente risposta del corpo allo stimolo insulinico e al contempo, paradossalmente, la ridotta produzione di insulina.
Nella prima fase va quindi bloccata l’insulino-resistenza e nella seconda occorre provvedere alla minore produzione di insulina. Quest’ultima spesso non è compensata dagli inibitori delle DPP4, per cui bisogna farlo con un farmaco analogo GLP1 o simili, quali la Metformina. Quest’ultima in combinazione con l’insulina lenta permette al paziente, tra le altre cose, di poter assumere una maggiore quantità di cibi e quindi di migliorare la sua qualità di vita.

Questo schema, che illustrerò in dettaglio in seguito e che cercherò poi di formalizzare in termini di semplici protocolli terapeutici, io lo utilizzo da anni con risultati che si vedono nel giro di soli pochi giorni.

Questo opuscolo, volutamente semplice, è indirizzato ai medici di base, perché io ritengo che, cambiando solo leggermente le regole sanitare applicabili, essi potrebbero ottenere gli stessi risultati che io ottengo ogni giorno con i pazienti che seguo. Ma ovviamente è mio dovere anche fornire qualche elemento di carattere medico-scientifico, sia per giustificare i protocolli terapeutici, sia ai fini di verifica da parte di medici specialistici, rispetto ai quali io sono convinto di non divergere molto nella sostanza dell’intervento medico, ma molto per la prassi sanitaria.

La seconda parte dell’opuscolo conterrà questi elementi più raffinati, destinati a tutti coloro che sono interessati all’argomento.

Elencheremo prima di tutto, a mo’ di richiamo, i tipi di diabete che si conoscono e i farmaci disponibili e nella seconda parte verranno fornite le  indicazioni delle possibili modalità utilizzo dei vari farmaci antidiabetici di cui oggi disponiamo.

Poco invece dirò per quanto riguarda la dieta e gli stili di vita da adottare da parte dei pazienti e non aggiungerò nulla a quanto può essere suggerito dai medici di base e specialistici. Tali indicazioni direi che sono tutte talmente note e condivise che non richiedano aggiunte ulteriori.

In conclusione, ripeto, non prometto miracoli e non propongo cure o farmaci alternativi né diete innovative. Propongo solo una pratica terapeutica più prossima al paziente, più attenta all’individuo e più calibrata ai suoi tempi di possibile recupero e con dei cocktail di farmaci tutti disponibili in farmacia, oltre alle normali e ben note indicazioni dietetiche e di stile di vita. La mia esperienza mi dice che questo basta a migliorare la vita di tanti pazienti in tempi anche molto brevi.

Voglio infine ricordare il mio sito, www.diabeteeipertensione.it, che contiene ulteriori apporti e indicazioni e anche i miei riferimenti.

Chi avesse bisogno può consultarmi, del tutto gratuitamente, in qualsiasi giorno e ora lavorativi.

Opuscolo sul diabete (in corso di stampa) Il diabete e i medicinali per combatterlo

CENNI SUI VARI TIPI DI DIABETE

 

Come noto, il diabete è un’affezione del sistema metabolico dell’organismo umano e in particolare del sottosistema che presiede alla elaborazione dei carboidrati contenuti in vari cibi. Lo “zucchero” a cui vengono ridotti tutti i carboidrati è un nutrimento importante, destinato ad essere assorbito dalle cellule dell’organismo, ma affinché ciò avvenga deve attivarsi un complicato meccanismo biochimico, che viene innescato dalla insulina prodotta dal pancreas e che si conclude con l’assorbimento dello zucchero che viene portato dal sangue fino alle varie cellule.

Se questo meccanismo per qualche motivo non funziona più, o perché non viene prodotta più insulina dal pancreas o perché qualcosa nei successivi meccanismi di elaborazione si inceppa, il sintomo immediato che si riscontra è “lo zucchero nel sangue”, cioè, tecnicamente, “iperglicemia”, cioè elevati livelli di zucchero nel sangue anche a distanza dai pasti: il metabolismo dei carboidrati non riesce a completarsi. Questo è uno stato morboso, che ha conseguenze anche molto gravi, che richiede quindi una terapia specifica e che viene genericamente indicato con il termine “Diabete”.

In realtà ci sono diverse cause per la patologia e quindi diversi tipi di diabete.

Diabete di Tipo 1: diabete di natura anatomico-fisiologica che insorge in genere in età giovanile: il pancreas semplicemente non produce più insulina perché in esso le cellule a ciò preposte, le cellule beta del pancreas, sono completamente assenti o sono state distrutte da una patologia. Manca quindi l’elemento d’innesco del processo metabolico. L’unica terapia possibile è la somministrazione di insulina in occasione dei pasti e di “insulina lenta” (vedi appresso) una volta al giorno.

Diabete di Tipo 2: compare in genere dopo i 40 anni in soggetti in sovrappeso o francamente obesi (l’obesità è quasi un prerequisito per questa patologia) ed è caratterizzato principalmente da “insulino-resistenza”. Con ciò si intende che l’insulina c’è nell’organismo, il pancreas ne produce, anche se spesso non nella misura richiesta, ma è come se non avesse effetto, non riesce ad innescare il meccanismo metabolico, per cui il livello di glicemia nel sangue resta sempre troppo alto.

Più precisamente, a quanto oggi è noto, la patologia si scatena con una prima fase di insulino-resistenza (cioè con l’insensibilità dell’organismo all’insulina, in genere indotta dallo strato adiposo piuttosto consistente del paziente); l’organismo in una prima fase reagisce accrescendo di molto la quantità di insulina prodotta, in modo da compensare la ridotta risposta. In tal modo però si affaticano pesantemente le cellule beta del pancreas, le produttrici di insulina, che infatti cominciano a ridursi di numero, portando ad una situazione patologica definitiva in certo senso paradossale: alla ridotta sensibilità all’insulina si aggiunge infatti anche una ridotta produzione della stessa.

Diabete LADA: detto anche Diabete 1,5 è quello che compare in soggetti magri o sicuramente non in sovrappeso, non insulino-resistenti e dotati di anticorpi anti GADA positivi, è un diabete autoimmune

Diabete di tipo Genetico: come ad es. il MODY, è quello di soggetti magri non insulino-resistenti ma privi anticorpi anti GADA.

Diabete Gestazionale: come indicato dal nome, si manifesta nelle donne durante la gravidanza.

 

Il diabete di tipo 2 è di gran lunga la forma più frequente oggi ed è in crescita, in parallelo con il crescere e il diffondersi del fenomeno dell’obesità, che tende a diventare un problema sociale. Già oggi questa patologia risulta addirittura critica per le strutture sanitarie preposte, a causa del crescente numero dei pazienti da trattare.

Come già detto sopra. in questo opuscolo parleremo esclusivamente di questa forma e solo occasionalmente, o per esclusione, delle altre forme accennate.

 

Diagnosi della forma di diabete.

La diagnosi del diabete nel complesso non è molto complicata e parte sempre da un’analisi del sangue abbastanza comune e semplice (livello di glicemia). Approfondendo le indagini chimiche e mediche si riesce poi perlomeno ad escludere che si sia in presenza di un diabete di Tipo 1.

Superato tale primo filtro, si passa al calcolo dell’indice di HOMA (nel seguito: iH):

  1. si determinano il valore della glicemia e quello dell’insulinemia a digiuno;
  2. si fa la moltiplicazione dei due valori e il risultato si divide per 405. Il risultato del calcolo è l’indice di HOMA;
  3. iH è inferiore a 2,5 si dovrà pensare a un diabete LADA, da confermare poi con la positività degli anti-GADA. Se invece questi ultimi sono negativi, si deve pensare a un diabete genetico.
  4. Se iH è superiore a 2,5, siamo nel caso di Diabete di tipo 2, la forma più frequente e della quale ci occupiamo in questa sede.

Questo procedimento, di complessità abbastanza contenuta, va sempre fatto, e nei casi dubbi ripetuto per verifica. Ribadiamo l’importanza di stabilire oltre ogni ragionevole dubbio se si sia o meno in presenza di un diabete di Tipo 2, altrimenti si potrebbe sbagliare terapia.

 

I FARMACI E I DOSAGGI PER IL DIABETE DI TIPO 2

Partiamo con un elenco dei farmaci antidiabetici disponibili in farmacia, indicando per ognuno di essi le caratteristiche salienti e i dosaggi utili per i nostri scopi, rimandando al uccessivo capitolo le modalità con cui tali famraci vanno assunti in combinazione:

 

Metformina in dosi da 500 mg o da 1000 mg oppure Slowmet da 500 mg e Slowmet da 1000 mg.

La Metformina normale va assunta a colazione e a cena.

In caso di concorrente insufficienza renale (valori del VFG), le dosi consigliate sono:

  • fino a 3 grammi con VFG |maggiore di 60;
  • 1,5 g con VFG pari a 59–45;
  • 1 grammo con VFG da 44 a 30;
  • 500 mg da 29 a 15;
  • per VFG al di sotto di 15 non è prescrivibile. In questi casi, e in tutti i casi di intolleranza, va sostituita con glitazonici (vedi sotto).

 

Glitazonici in dosi da 15 mg, 30 mg o 45 mg

 

Analogo GLP1 quali TRULICITY da 0,75 o da 1,5 mg. Questo in ITALIA; negli altri paesi europei c’è anche la dose da 3 mg e da 4.5mg-

 

Ozempic  da 0,25 oppure 0,50 mg oppure 1 mg

 

Inibitori DPP4, come il Sitagliptin da 100 mg oppure da 50 mg o anche da 25 mg, dose quest’ultima destinata ai casi di insufficienza renale.

 

Glifozine a basso o alto dosaggio, corrispondenti ai nomi commerciali: Dapaglifozin 5 e Dapaglifozin 10.

Questo farmaco è consigliato in caso di scompenso cardiaco oppure laddove questo abbia il positivo effetto di rendere più facile la normalizzazione della glicemia. Su tale argomento si veda più avanti per una trattazione più dettagliata.

 

Insulina lenta, quali Toujeo in fiale da assumere una volta al giorno; insulina Degludec che è una insulina lenta associata a Liraglutide che è un Analogo GLP1 (vedi sopra).

 

Insulina normale rapida

 

 

 

Opuscolo rapido sul diabete (in corso di stampa) Le azioni terapeutiche

SCHEMA GENERALE DI INTERVENTO

Tutte le modalità di seguito elencate in realtà non sono altro che specializzazioni di uno schema generale di intervento, che è il seguente:

  1. Incominciamo con Metformina 500 e la aumentiamo fino ad arrivare ai 2 grammi (facendo attenzione all’eventualità di insufficienza renale);
  2. se la glicemia non si normalizza entro 3-4 giorni, possiamo aggiungere uno dei farmaci già indicati, ma ancora senza ricorrere all’insulina lenta;
  3. se ancora la glicemia è al di sopra della norma, aggiungerne ancora un altro farmaco e verificare il valore di glicemia la mattina, se ancora altro aggiungerne un altro tra quelli prima indicati e verificare di mattina se il valore della glicemia è normale;
  4. se ancora non lo è, allora è necessario introdurre l’insulina lenta e aumentarla ogni giorno di due unità fino a raggiungere valori normali di glicemia.
  5. Queste regole si basano sulla considerazione che ogni farmaco contribuisce ad abbassare in parte la glicemia finché la somma dei singoli effetti la riporti al valore-obiettivo. Vedremo in seguito che da tali semplici regole si derivano schemi di intervento farmacologico precisi e semplici da seguire.
  6. C’è una certa libertà di scelta in tutto ciò. L’insulina lenta, per esempio, può essere introdotta già dopo la metformina, oppure dopo aver introdotto altri farmaci; vanno bene entrambe le soluzioni ai fini del raggiungimento di valori accettabili di glicemia. A parere dell’autore però tale modalità, anche se porta anch’essa alla normalizzazione della glicemia, lasciando al medico la facoltà di scegliere il farmaco che ritiene più opportuno, non è preferibile a quelle che verranno indicate tra poco, in quanto complicherebbe solo l’esistenza del medico.

 

 

MODALITÀ DI INTERVENTO

Passiamo ora ad indicare alcune modalità schematiche per la normalizzazione della glicemia derivati dalle regole sopra esposte.

 

Prima modalità (Metformina + Insulina lenta)

Cominciare con la Metformina fino ad arrivare eventualmente ai 2 grammi, inseguendo i valori di glicemia come sopra spiegato, e poi ricorrere subito all’insulina lenta aumentandola progressivamente di 2 unità sempre tendendo alla normalizzazione della glicemia.

La spiegazione di questa modalità è la seguente:

inizialmente, il dosaggio progressivamente crescente di Metformina e insulina lenta va a ridurre il fenomeno dell’insulino-resistenza,  aumentando ulteriormente la dose, la Metformina avrà effetto anche nella zona delle alfa fisiologiche, con lo stesso effetto dell’analogo GLP1, in modo da far abbassare la glicemia in funzione della quantità di alfa coinvolte-

Quando si usa tale modalità, anche se la mattina a digiuno il valore è 90, è necessario controllare il valore della glicemia a 3 o 4 ore dal pasto, e verificare di quanto si allontana dal valore 90; se si allontana molto, è necessario aumentare l’insulina lenta, allo scopo di evitare che il paziente si ritrovi con una glicemia normale al mattino e una glicata al di sopra della norma.

Tutto questo è spiegabile con la velocità di discesa della glicemia dopo il pasto, per cui conviene sempre riportare il valore della glicemia alla terza ora quanto più vicino ai 90.

Questa modalità ha diversi vantaggi:

  • è la più semplice;
  • è quella che utilizza farmaci con il minor numero di effetti collaterali;
  • è quella che può essere utilizzata facilmente dai medici di base.

Il solo inconveniente è che molti pazienti rifiutano l’insulina che ai loro occhi appare come una inaccettabile dichiarazione della gravità della loro malattia. Questo fenomeno psicologico di rifiuto è ben noto ai diabetologi che in genere si riducono a prescriverla per ultima, come extrema ratio.

 

Seconda modalità (Metformina + Sitagliptin 100 + insulina lenta TOUJEO)

Si inizia con la Metformina fino ai 2 grammi come nella prima modalità, poi si somministra il Sitagliptin 100 e poi, in caso di valori ancora non congrui, si continua con insulina lenta TOUJEO.

La spiegazione è simile a quella già vista sopra, con la differenza che parte della ipoproduttività insulinica verrà risolta con il Sitagliptin con una modalità che ha effetti collaterali bassi, anche se a volte è possibile avere qualche episodio di pancreatite, sicuramente inferiori ai casi delle modalità in cui si fa uso dell’analogo GLP1 che è molto efficace ma ha anche effetti collaterali notevoli e non sempre tollerabili.

 

Terza modalità (Metformina + TRULICITY 0,75  + Insulina lenta)

Si inizia con i 2 grammi di Metformina poi si aggiunge TRULICITY 0,75 e poi insulina lenta come sopra. Si ripete, per quanto ad abundantiam, che il procedimento dev’essere progressivo, seguendo la riduzione del tasso di glicemia, che va moniroato attentamente.

 

Quarta modalità (Metformina + TRULICITY 1,50  + Insulina lenta . TOUJEO)

Analoga alla terza modalità, usando però, dopo un mese, il TRUCILITY da 1,50; solo se ancora non è stata raggiunta la normalità della glicemia aggiungere TOUJEO come indicato sopra aumentando di 2 unità ogni giorno fino a raggiungere la normalizzazione della glicemia.

 

Quinta modalità (Come dalla prima alla quarta ma con Actos 15 o 30 o 45 invece di Metformina)

Da usare se il soggetto è intollerante alla Metformina. Procedere perciò come nelle precedenti, usando però Actos 15 o 30 o 45 al posto della Metformina.

 

Sesta modalità (Metformina + Insulina Degludec + Liraglutide)

dare la Metformina fino a 2 grammi e poi procedere con l’associazione Insulina Degludec più Liraglutide aumentando di 2 unità ogni giorno fino ad arrivare a normalizzare la glicemia.

È questa una modalità molto efficace: usata assieme alla Metformina, si può aumentare progressivamente l’insulina lenta senza correre il rischio di ipoglicemia, cosa che obbliga molti diabetologi a fermarsi prima di aver raggiunto la normalizzazione della glicemia; invece la presenza della Metformina consente di potenziare l’effetto analogo della liraglutide dal momento che la Metformina può avere un effetto simil analogo GLP1, quando agisce sulle alfa fisiologiche, cosa questa importante che abbiamo già detto più volte ma che invece viene ignorata spesso anche dai diabetologi che per questo motivo rinunciano ai vantaggi di questa modalità.

Ai medici di base è questa  la modalità che io consiglio di più perché è quella più semplice e che per prima in pochi giorni permette di normalizzare la glicemia; anche ai diabetologi potrebbe servire di più per il semplice motivo che già nella prima seduta verrà data l’indicazione di come arrivare a normalizzare la glicemia, per cui non occorre un secondo incontro che invece potrà essere dedicato ad un nuovo paziente diabetico tipo 2.

In questo modo soltanto è possibile avere il migliore risultato possibile nel ridurre il numero dei pazienti diabetici scompensati

 

Settima modalità (Metformina + Dapaglifozin 5 mg + insulina lenta)

Dare Metformina fino a 2 grammi e poi aggiungere Dapaglifozin 5 mg e continuare con insulina lenta come indicato prima.

Questa modalità è da usare nei soggetti con scompenso cardiaco oppure in quelli che vogliono evitare l’insulina lenta; in questi casi consiglio di andare a leggere l’ articolo sulle glifozine, in modo da approfondire l’argomento in tutti i suoi aspetti.

 

Ottava modalità (Metformina + Dapaglifozin 10 + insulina lenta TOUJEO

Iniziare con Metformina fino 2 grammi e poi aggiungere Dapaglifozin 10. Se i valori diventano normali ci si ferma, altrimenti sono possibili due opzioni:

  • prima opzione : aggiungere insulina lenta fino a normalizzare la glicemia.
  • seconda opzione: aumentare la Metformina a 3 grammi e se ancora la glicemia non è normale aggiungere il Sitagliptin 100. In questi casi è quasi sicuro che non si debba ricorrere alla insulina lenta; se invece ancora la glicemia non è normale aggiungere la insulina lenta e con poche unità si dovrebbero raggiungere valori normali
  • tale modalità però non è consentita alo medico di medicina generale per la presenza di due farmaci con il piano terapeutico
  • si può ovviare prescrivendo il sitagliptin su ricetta bianca e bisogna pagarlo

 

Nona modalità (per eccezione in caso di assunzione di cortisonici o bisogno di aumentare alimentazione)

Si adotta per eccezione nei soggetti trattati con Metformina 2 grammi più TRULICITY 1,50 e insulina lenta come TOUJEO: se il paziente avesse bisogno per alcuni giorni di mangiare di più oppure di assumere il cortisone, basta aggiungere il Sitagliptin 100 cp una volta al giorno oppure aumentare la lenta di poche unità.

 

Caso particolare del Diabete di tipo 2 con insulino-resistenza.

Aggiungiamo una riflessione sul diabete tipo2 quando c’è una forte insulino-resistenza.

Prima di dare la Metformina calcolare l’indice di HOMA che se è superiore a 2,5 indica insulino resistenza e quanto più alto è il valore maggiore è l’insulino resistenza.

Incominciamo a dare la Metformina e dopo aver raggiunto i 2 grammi calcolare di nuovo l’indice di HOMA per vedere se ha raggiunto il valore di 2,5.

Se ancora ciò non è successo, vuol dire che abbiamo ancora insulino-resistenza da ridurre e a tale scopo dobbiamo aggiungere l’insulina lenta e verificare se si riesce ad arrivare a 2,5.

Se invece verifichiamo un valore della glicemia ancora alto, vuol dire che c’è una ipoproduzione di insulina per cui aumentiamo la lenta fino a normalizzare la glicemia. Quasi certamente allora l’indice di HOMA scenderà ancora.

 

Conclusioni

A conclusione di questa carrellata di modalità il mio consiglio ai medici di base è di concentrarsi nell’uso della prima, della seconda e della sesta modalità, dato che sono quelle più semplici da utilizzare sia da parte del medico che da parte del paziente.

La sesta modalità fatta da Xultophy  e metformina è quella che in soli pochi giorni consentirà al paziente non solo di normalizzare la glicemia, ma anche quella di poter sopperire a un maggiore carico di zuccheri

aumentando di qualche unità la lenta; là dove invece la liraglutide darà disturbi conviene ricorrere alla prima modalità oppure la seconda che è quella più efficace per la presenza del sitagliptin

Un ultimo consiglio già accennato poco più sopra e che è bene ribadire: verificare il valore della glicemia dopo tre ore dal pasto e se dovesse risultare molto al di sopra dei 90 aggiungere sempre qualche unità di insulina lenta in modo da portare il valore della glicata più vicino alla norma.

Come spiegare le varie modalità prima indicate alla luce della fisiopatologia del diabete tipo 2

Nei soggetti con diabete tipo 2 ci sono due difetti: l’insulinoresistenza la minore produzione di insulina da parte delle cellule BETA

per correggere il primo difetto abbiamo la metformina e l’insulina lenta

utilizzando questi due farmaci noi possiamo annullare l’insulinoresistenza e la verifica la facciamo controllando l’indice di HOMA-quando si arriva a 2,5 sappiamo che tale difetto è stato annullato

per correggere il secondo difetto abbiamo diversi farmaci da poter utilizzare

in primis la stessa metformina che coprendo le cellule alfa fisiologiche funziona da analogo GLP1

la possiamo aggiungere a quella già data oppure per avere lo stesso effetto basta aumentare l’insulina lenta

come secondo farmaco abbiamo l’analogo GLP1 che per ogni singolo prodotto va dato quello a dosaggio più alto, per cui per il Trulicity di 1,50, per l’ozempic quello da 1 mg

come terzo farmaco una glifozina al dosaggio più alto come dapaglifozin 10

se ancora non è stata raggiunta la normoglicemia, aumentare di poco la lenta fino a raggiungere i 90

questo schema è semplice da capire oltre ad essere quello meno costoso e quello ovviamente con una minore quantità di effetti collaterali, a differenza delle linee guida dell’AND che è più costosa per dover usare tutti i farmaci con piano terapeutico e quindi anche con maggiori effetti collaterali

come si vede il mio schema è basato su un ragionamento fisiopatologico ben preciso che mette al primo posto il farmaco come l’insulina lenta che provvede a bloccare l’insulino resistenza, a differenza delle linee guida ufficiali che lasciano il farmaco all’ultimo posto per cui solo alla fine si decide di bloccare l’insulino resistenza fino a quel momento non coperta e quindi ha impedito di normalizzare la glicemia

purtroppo tutto questo non è stato mai detto e quindi non è stato mai possibile utilizzare le diverse modalità da me indicate che permetteranno al medico di base di verificarle sui propri pazienti diabetici

 

 

 

 

CONFRONTO CON LINEE GUIDA DELLA SID

Lo schema generale consigliato è diverso da quello dei diabetologi, che di solito dopo la Metformina aggiungono la Semaglutide in fiale, prima da 0,25, dopo un mese da 0,50 e dopo un mese da 1 mg e spesso senza raggiungere la normalizzazione della glicemia, per non aver introdotto l’insulina lenta come consigliato nello schema appena indicato.

Tutte le modalità sopra indicate potranno essere utilizzate sin dalla prima visita illustrando al paziente tutta la modalità che verrà seguita, evitando così di farlo ogni tre mesi e facendo in modo che il risultato possa essere raggiunto dopo soli dieci giorni.

Dopo quanto detto finora conviene anche fare qualche breve commento sulle linee guida dalla Società Italiana di Diabetologia, facilmente reperibili sul sito internet di tale società e che permettono certamente di normalizzare la glicemia ma a nostro parere in tempi più lunghi, con costi molto più alti e con il rischio di maggiori effetti collaterali.

In tali linee guida il primo farmaco consigliato è la Metformina, come avviene anche nelle nostre modalità sopra esposte.

Il secondo invece è l’Analogo GLP1 che ha la funzione di coprire le cellule alfa fisiologiche per compensare la ipoproduttività di insulina delle cellule beta. In effetti, a nostro parere tale farmaco, somministrato subito dopo la Metformina, ha un effetto insulino-sensibilizzante che invece sarebbe meglio ottenere con insulina lenta, che oltre a un minore costo ha anche minori rischi di effetti collatoreali: l’Analogo GLP1 può dare inoltre pancreatite e dare anche disturbi gastrici molto più frequenti e poco sopportabili da parte dei pazienti.

Il terzo farmaco sono le Glifozine, che in realtà dovrebbero essere usate solo in caso di scompenso cardiaco ma che hanno l’effetto collaterale di portare a un iperparatiroidismo secondario associato a ipocalcemia e a ipopotassiemia.

Il quarto farmaco è un inibitore delle DPP4 come il sitagliptin 100

Solo alla fine viene consigliata l’Insulina lenta che permette di normalizzare la glicemia.

Come accennato, e come si potrebbe vedere in dettaglio, con questa lista di farmaci consigliati e con l’ordine in cui vengono consigliati, non solo si devono affrontare costi più elevati, ma aumenta pure il rischio di effetti collaterali sgraditi.

Con i farmaci che abbiamo proposto sopra tra le varie modalità di intervento, si abbassa non solo il rischio di effetti collaterali, ma anche il costo della terapia.

Diabete LADA: nel diabete LADA non c’è insulino resistenza ma solo una minore produzione di insulina per un processo autoimmune.in questi casi il farmaco da utilizzare è il sitagliptin   a cui, se non sufficiente bisogna aggiungere la metformina che funge da simil analogo GLP1 e se ancora insufficiente passare all’insulina rapida

di fronte a un paziente diabetico pensare a un diabete LADA se è magro e verificarlo attraverso il calcolo dell’indice di HOMA che deve essere inferiore a 2,5

per calcolarlo moltiplicare il valore della glicemia per l’insulinemia a digiuno  e dividerlo per 405

una volta stabilito che il soggetto non è insulino resistente, provvedere al dosaggio degli anticorpi anti GADA che se positivi confermano la diagnosi di diabete autoimmune

se invece gli anticorpi mancano allora è un diabete MODY, quasi sicuramente il 2 se l’iperglicemia è lieve