I soggetti, affetti da ipertensione essenziale,sono quelli per i quali non si riesce a trovare una causa così come invece avviene per quelli affetti da ipertensione secondaria.
Per essi infatti il medico, sia esso internista che cardiologo, non può fare altro che ricorrere alla terapia farmacologica che, diciamoci la verità, è una terapia sintomatica,nel senso che attraverso le diverse azioni farmacologiche dei farmaci usati, riesce ad abbassare la pressione.Si contrasta pertanto l’azione patogena con un’azione farmacologica uguale e contraria,senza riuscire però minimamente ad arrivare alla normalizzazione evitando l’ausilio dei farmaci.
Dopo quanto da me detto sulle cause dell’insulino resistenza,c’è la possibilità di introdurre un nuovo percorso prima non sperimentato.
Di fronte a un soggetto iperteso, anche se non iperglicemico, bisogna sempre porsi la domanda se è insulino resistente.
Basta già vedere la sua emoglobina glicata che se è intorno a 6,valore che viene considerato nella norma, deve essere visto con sospetto perchè quel valore sta a indicare una media glicemica intorno a 130 mg., che determina per forza una continua stimolazione insulinica da parte del pancreas.Bisogna spostare tale valore a meno di 5 in modo da avere una glicemia media al di sotto del valore soglia a cui scatta l’insulina e anche così non è assolutamente escluso che il paziente non sia un insulino resistente.
Se il paziente viene pertanto inquadrato come tale, si deve procedere alla determinazione delle glicemie post prandiali con relative insulinemie.Là dove ci si accorge che esiste una sproporzione tra le glicemie e le insulinemie, nel senso che si vede che per quel valore di glicemia testato si ha un valore alto di insulina, si può realisticamente pensare che il soggetto rientra tra gli ipertesi con insulino resistenza e quindi deve essere sottoposto oltre al trattamento farmacologico dell’ipertensione anche a quello del ripristino della normo sensibilità all’insulina che abbiamo avuto modo di illustrare negli altri articoli e a cui si rimanda (Chiarite le cause dell’insulino resistenza sul sito www.diabeteeipertensione.it)
Per essere ancora più precisi nella valutazione dell’insulino resistenza applicare il metodo HOMA: moltiplicare i valori in mg. della glicemia a digiuno per il corrispondente valore dell’insulinemia e dividerlo per 405.Il rapporto non deve superare i 2.5 in condizioni basali di glicemia, anche se si fa notare che i soggetti normali fanno registrare un valore intorno a 1, per cui anche un valore di due può essere visto con sospetto, dal momento che comunque rappresenta il doppio di quello che si riscontra nei soggetti normali.
Solo attraverso uno studio fatto in questa direzione saremo in grado di dire quale percentuale di ipertesi rientra in quelli da insulino resistenza e quali invece riconoscono cause diverse al momento non ancora accertate.I colleghi che sono convinti di tale impostazione potranno procedere secondo le linee guida da me indicate in modo dettagliato nell’articolo di cui sopra appena menzionato.
Da parte mia ho già cominciato e sto verificando che non sono pochi quelli con insulinoresistenza, anche a fronte di valori quasi normali di glicemia e anche di emoglobina glicata e che quindi sono da mettere nelle condizioni di poter guarire completamente.Resta inoltre tutta la schiera di pazienti diabetici tipo2,che sono quasi sempre ipertesi, che a maggior ragione vanno trattati allo stesso modo,per vedere finalmente risolto attraverso la procedura che ripristina la normo sensibilità all’insulina, sia l’ipertensione che il diabete tipo2.Come si vede va aumentando sensibilmente la schiera dei pazienti affetti da ipertensione essenziale che rientrano tra quelli secondari a insulino resistenza.Alla fine di questo studio che spero faranno in molti, avremo dei dati che potranno essere sorprendenti, per il fatto che saranno sempre meno quelli da inquadrare nell’ambito dell’ipertensione idiopatica.
D’altra parte la procedura adottata è simile a quella che già adesso viene consigliata e ai pazienti diabetici e a quelli ipertesi, con la differenza che, mancando il supporto fisiopatologico di cui sopra, difficilmente ci si spinge al punto da portare e il paziente diabetico e iperteso alla normalità, con il risultato che è sotto i nostri occhi che questi pazienti convivono con le due patologie,adattandosi a contrastare soltanto con i farmaci le noxe patogene.Alla fine il paziente iperteso e quello diabetico resteranno per sempre con queste due patologie, con la differenza che i soggetti diabetici, dopo anni,diventeranno diabetici di tipo1, proprio per l’esaurimento delle cellule beta dovuto, nel corso di anni, alla superstimolazione sia fisiologica che farmacologica.
Si tenga presente inoltre che se il soggetto iperteso è un insulino resistente e non viene inquadrato come tale e pertanto trattato solo come iperteso essenziale,si troverà nel giro di alcuni anni ad essere un diabetico tipo2 dal momento che l’iperinsulinismo compensatorio all’insulino resistenza sotto stante finisce con l’esaurirsi e dare quindi i primi segni di iperglicemia.
Per questo motivo si capisce d’un subito l’opportunità dell’inquadramento del soggetto iperteso nell’ambito dell’insulino resistenza proprio per evitare che si perda del tempo prezioso che invece va a determinare l’esaurimento delle cellule beta.Sotto questi aspetti i cardiologi fanno un errore grave perchè, preoccupandosi della sola ipertensione, si lasciano sfuggire l’insulino resistenza e l’iperinsulinismo sottostante che contribuiscono sia alla steatosi epatica che all’obesità per le ragioni che sono state ampiamente trattate in altri capitoli sullo stesso sito e a cui si rimanda per evitare inutili ripetizioni.
Anche in questi casi il ritrovamento da parte delle case farmaceutiche di un prodotto capace di bloccare la lipoproteinlipasi del tessuto adiposo consentirebbe la rapida guarigione dei casi di ipertensione essenziale secondaria a insulino resistenza per tutti i motivi in altri capitoli già trattati e che anche quì vengono brevemente riportati.
Il blocco di fornitura degli acidi grassi derivanti dalla scissione dei trigliceridi,sotto l’azione della lipoproteinlipasi,impedirebbe alle cellule tutte dell’organismo di poter ricavare l’Acetil Coenzima A dalla beta ossidazione degli acidi grassi, costringendole così a rifornirsi di tali sostanze dall’acido piruvico di provenienza glucidica.In questo modo si viene a creare farmacologicamente quello che accade in natura ai maratoneti durante una gara di corsa, ma per problemi in questo caso legati al quoziente respiratorio.Tutto questo associato al blocco di fornitura al fegato di glicerolo che rappresenta la via gluconeogenetica a partenza dai grassi e si ha come risultato finale quel consumo eccessivo di zuccheri che va a determinare lo svuotamento totale dei depositi epatici e muscolari con il risultato della scomparsa dell’insulino resistenza a cui fà ovviamente seguito come risposta la scomparsa dell’iperinsulinismo che come abbiamo visto è causa di ipertensione secondaria proprio per il ben noto effetto similaldosteronico dell’insulina.
L’esperienza fatta in questi ultimi mesi sta dimostrando che soggetti ipertesi con glicemia nella norma e con valori di emoglobina glicata anch’essa nella norma, anche se vicina a valori alti, si associano molto spesso a valori alti di insulinemia che danno subito l’idea dell’insulino resistenza di quel soggetto.
L’ultimo caso venuto alla mia osservazione presentava una insulinemia di 35 a fronte di una glicemia di 95 mg, dando così un indice di HOMA abbastanza alto,oltre 8.Fino a quel momento il paziente era stato inquadrato dal cardiologo come iperteso essenziale e trattato con i comuni farmaci antiipertensivi,tra cui una compressa di atenololo da 100 mg, che invece in questo caso va di fatto ad aggravare l’insulino resistenza per i motivi che più volte ho spiegato in altri capitoli e che è inutile tornarci sopra.
Voglio sperare che sopratutto i cardiologi si convincano della necessità di valutare se un paziente iperteso è insulino resistente.In questo modo si ridurranno sensibilmente i casi di ipertensione essenziale e si eviterà che quelli secondari a insulino resistenza diventino i diabetici tipo 2 del domani.
L’esperienza quotidiana di ricerca di insulino resistenza nei soggetti ipertesi non diabetici mi sta facendo convincere che la maggior parte dei casi di ipertensione arteriosa sia secondaria a insulino resistenza.Capita infatti solo di rado che un paziente iperteso non sia insulino resistente,per cui va maturando la convinzione che quelli che noi individuiamo come ipertesi essenziali non sono che degli insulino resistenti, per il momento non ancora diabetici per il fatto che non hanno ancora esaurita la produzione di insulina da parte dele betacellule.Quando questo avverrà, proprio a causa della continua sollecitazione data dall’insulino resistenza,perlatro aggravata anche dai betabloccanti là dove vengono usati, si passerà alla fase dell’iperglicemia che caratterizza l’inizio del diabete tipo2.
L’esperienza di questi mesi nella ricerca dell’insulino resistenza mi sta facendo notare che molti soggetti insulino resistenti sono ipotiroidei o eutiroidei ai limiti bassi, per cui sarebbe sempre opportuno valutare la funzionalità tiroidea, ma sopratutto vedere se il TSH è ai limiti bassi,perchè un innalzamento di tale valore ci dice che l’ipofisi stà segnalando una minore attività degli ormoni tiroidei in circolo, per cui conviene ottimizzare la funzione tiroidea col portare il TSH ai limiti bassi fisiologici consentiti.
In questo modo il miglioramento della funzionalità tiroidea determinerà la scomparsa dell’insulino resistenza che è causa di iperinsulinismo, a sua volta causa di ipertensione,ritenuta a torto essenziale, mentre è invece è da iperinsulinismo secondario a insulino resistenza.
Ad oggi sono numerosi i casi che ho risolto e che giorno dopo giorno risolvo sulla base dell’impostazione appena descritta per cui è giunto il momento che anche i cardiologi e gli internisti comincino a fare la stessa cosa.
Dopo quanto detto consiglio la lettura di due articoli sempre sullo stesso sito dal titolo “diversione bilio-pancreatica e chiarite le cause dell’insulinoresistenza”,dove vengono meglio chiariti i meccanismi che portano all’insulinoresistenza e quindi consentono di dare una lettura completamente diversa di quella che a torto noi continuiamo a definire “ipertensione essenziale”.
I pazienti sottoposti a intervento di diversione bilio-pancreatica per un problema di grande obesità guariscono non solo dal diabete tipo2, ma anche dall’ipertensione arteriosa quasi sempre presente e questo avviene a paziente ancora obeso.una spiegazione a tutto questo la sitrova negli articoli appena citati che consentono di allargare l’orizzonte non solo sul diabete tipo2, ma anche e sopratutto sull’ipertensione arteriosa che precede di anni il diabete così come la steatosi epatica,espressione di insulinoresistenza.
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